Tre minuti e qualcosa. Incastonati in una diretta ormai finita, io mi sono trovato davanti al Santoro Michele che non si teneva più a telecamere spente, come un qualsiasi visitatore di repubblica-punto-ittì. Tre minuti e qualcosa che non cambieranno la storia: la Rai resterà il solito risiko, i presidenti saranno dei prestanome senza mai la poltrona di pelle umana, i Castelli che verranno occuperanno le poltrone dei talk show che verranno. Ma, in un paese in cui è da sempre considerato «un grande momento di televisione» un qualunque Fabrizio Frizzi che saluta da un qualunque Teatro delle Vittorie una qualunque fanfara dei bersaglieri, questi tre minuti e qualcosa han tutta l’aria del fatto straordinario, destabilizzante, al di là dell’immaginazione. Sono come il monologo di Peter Finch in Quinto potere. Sbagliato, sbracato, psicotico, da «uso personalistico eccetera eccetera», come si usava dire una volta; e però bellissimo. Un Oscar, altrettanto postumo, pure a Michele. Stavolta se lo merita.
10 giugno 2011 alle 9:57 am
Sentire Castelli che sbraita “ma io il canone non lo voglio pagare” e Santoro rispondergli che la sua trasmissione è una delle poche che porta soldi in Rai non ha prezzo 🙂
10 giugno 2011 alle 10:42 am
tre minuti di grande televisione. finalmente!
10 giugno 2011 alle 12:21 PM
imperdibile, tessera onoraria Arancione a Michele
Mauro
10 giugno 2011 alle 5:14 PM
anche gli antipatici alla fine meritano applausi, anche se, gareggiare con dilettanti IGNORANTI amplifica i meriti.
11 giugno 2011 alle 8:58 am
la fine degli ..
11 giugno 2011 alle 11:01 am
Ad un certo punto C. ha detto “non fatemi cannare il canone”. Ecco.