Tra le varie scene bellissime dell’ultimo bellissimo film dei Coen (esercizio di intellettualismo ebraico con molte cose già dette, ma ripetute molto bene), ce n’è una che si presta a più di una dietrologia, e ti pareva. Il protagonista, professore di fisica in crisi esistenziale, si rivolge a un rabbino per domandargli perché Dio gli sta mandando tanta sventura tutta insieme. Il “junior rabbi”, ancora imberbe e di poca esperienza, infila un luogo comune dietro l’altro, del tipo: non è cosa chiedi, ma come lo chiedi; non è quello che vedi, ma come lo vedi; tu pensi che Lui se ne sia andato, ma non è così: è che ci vuole un’altra prospettiva. Poi indica fuori dalla finestra: «Guarda il parcheggio» (quando si dice: Il Genio), come dire: per trovarci qualcosa di nuovo, servono occhi diversi. Il film è da citare dall’inizio alla fine, perciò andate qui così mi risparmio la fatica. Quanto al parcheggio, qualunque analogia con il Pd e con il nostro Paese io l’ho pensata, ma la lascio a voi. Perché io sono d’accordo coi Coen. Essere “uomini retti” (ormai i titoli dei film non si traducono più) è impresa vana. Alla fine a mandare avanti il mondo è sempre e solo il principio di indeterminazione.
12 dicembre 2009 alle 12:04 am
ci sto. per formazione credo che la forma è sostanza. e però cacchio un po’ di sostanza non guasta. che a parlar sempre di forma si muore di noia. o di gastrite. in quanto agli occhi con cui si garda, tema da me frequentatissimo negli ultimi tempi, a volte invece che aiutare diventa una trappola terribile. qui fuori in ogni caso il parcheggio ha un suo fascino.