Guarda il parcheggio

Tra le varie scene bellissime dell’ultimo bellissimo film dei Coen (esercizio di intellettualismo ebraico con molte cose già dette, ma ripetute molto bene), ce n’è una che si presta a più di una dietrologia, e ti pareva. Il protagonista, professore di fisica in crisi esistenziale, si rivolge a un rabbino per domandargli perché Dio gli sta mandando tanta sventura tutta insieme. Il “junior rabbi”, ancora imberbe e di poca esperienza, infila un luogo comune dietro l’altro, del tipo: non è cosa chiedi, ma come lo chiedi; non è quello che vedi, ma come lo vedi; tu pensi che Lui se ne sia andato, ma non è così: è che ci vuole un’altra prospettiva. Poi indica fuori dalla finestra: «Guarda il parcheggio» (quando si dice: Il Genio), come dire: per trovarci qualcosa di nuovo, servono occhi diversi. Il film è da citare dall’inizio alla fine, perciò andate qui così mi risparmio la fatica. Quanto al parcheggio, qualunque analogia con il Pd e con il nostro Paese io l’ho pensata, ma la lascio a voi. Perché io sono d’accordo coi Coen. Essere “uomini retti” (ormai i titoli dei film non si traducono più) è impresa vana. Alla fine a mandare avanti il mondo è sempre e solo il principio di indeterminazione.

Una Risposta to “Guarda il parcheggio”

  1. Bob Says:

    ci sto. per formazione credo che la forma è sostanza. e però cacchio un po’ di sostanza non guasta. che a parlar sempre di forma si muore di noia. o di gastrite. in quanto agli occhi con cui si garda, tema da me frequentatissimo negli ultimi tempi, a volte invece che aiutare diventa una trappola terribile. qui fuori in ogni caso il parcheggio ha un suo fascino.

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