Young American, Young American…

93FebNewYorkerCoverNon penso di togliere la sorpresa a nessuno se copio e incollo alcune righe che arrivano verso la fine di Tutti gli intellettuali giovani e tristi (Einaudi): «Ci feriamo continuamente. Passiamo la vita a metterci vestiti nuovi e a coprire i veri motivi delle nostre azioni. Ci incontriamo a cuor leggero, beviamo vino rosé, e poi ci causiamo dolore a vicenda. E sì che non vorremmo mica! Quello che vorremmo, quello che uno vorrebbe davvero, è stendere le mani – come in una danza, in trance – stendere le mani e basta, e toccare tutte le persone e dirgli: Mi dispiace. Ti voglio bene. Grazie per avermi scritto. Grazie per essermi venuto a trovare. Grazie. Ti voglio bene. Ma non possiamo». Non la faccio troppo lunga. Il romanzo di Keith Gessen (che prima di finire nelle classifiche letterarie aveva creato questo) non ha sollevato tutto questo dibattito, non in Italia quantomeno. È bello. Qualcuno dice che manca di trama, ed è vero. Sono frammenti di giovani vite possibili, nell’America di dieci anni fa così diversa da quella di oggi. Si fa il verso ai romanzi (bellissimi) alla Philip Roth, pieni di ebrei col senso di persecuzione eterna. C’è più di una sorpresa. Ambizioni, frustrazioni, grandi speranze, sogni infranti, l’amore o il sesso (o nessuno dei due), i soldi, Bush e la figlia (immaginaria?) di Al Gore, gli uomini e le donne, la politica, le università della Ivy League, le column sulle riviste di sinistra, le scelte. C’è anche un episodio ambientato in Palestina, e chi come me c’è stato troverà che è esattamente così, molto vero e molto triste. Come le righe citate, tende al pessimismo ma azzarda in positività, a sprazzi. Oggi i giovani sono meno tristi, forse.

Una Risposta to “Young American, Young American…”

  1. betta Says:

    perche\ non possiamo? dire ti voglio bene…i giovani sono tristi eccome…mat….

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