Obamako, dia(b)logo africano (parte seconda)

Nella savana è tutto nero, quando scende la notte. Che poi succede alle sei di sera. Anche la miseria è nera, quaggiù in Mali. Basterebbe davvero solo un po’ di luce, letteralmente. Ieri siamo andati a vedere due villaggi vicino a Bamako coinvolti nei progetti Pannelli senza frontiere. Quattro pannelli solari per portare luce a una maternità, in posti dove vivono 2000 persone e nascono in media 15 bambini al mese, con punte di tre/quattro al giorno. E partorire sotto una lampada elettrica cambia le cose, e parecchio. Questo a Siby (realizzato anche grazie al contributo del Comune di Vimercate). A Samanaya il progetto è ancora più completo, ai pannelli per la luce si aggiungono quelli per l’acqua: pozzi a norme igieniche e con il rubinetto, cosi’ che i bambini non debbano più tirare su secchi pesantissimi. Non si cambiano cosi’ le cose, il Mali resterà ancora per un pezzo uno dei paesi più poveri del mondo. Ma si possono riattivare delle piccole comunità. Viaggiando per la savana, ti accorgi che quando cala il sole tutto finisce. Una lampada a cherosene (quando va bene) deve bastarti per metà della giornata. Le stelle toccano la linea dell’orizzonte, da quanto è nero. La gente, che di giorno riempie le strade, si rifugia nel buio. Il viaggio continua, domani, alle origini della civiltà Dogon, città di fango costruite sul dorso di rocce millenarie. E’ ancora presto, in questo nero maliano, ma sembra già notte fonda. Resto collegato (aspettando la risposta di Pippo…).

Una Risposta to “Obamako, dia(b)logo africano (parte seconda)”

  1. Silv Says:

    Ciao Mattia! che bello… quasi sembrava di essere con voi sotto le stelle…
    Buon viaggio.
    un bacio
    Yvonne

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