Souvenir de Marrakech

Quando lasci, col magone, Marrakech (dopo i soliti inspiegati ritardi di MyAir: ma perché dovevo nascere nella generazione low cost?), dalla pista dell’aeroporto vedi ancora il massiccio minareto della moschea di Koutoubia. Un faro alle porte dell’Africa, che ti segnala tutto quello a cui stai dicendo addio. E che vigila sulla piazza più bella del mondo, l’immagine di questo incredibile viaggio marocchino che resterà più nitida. La vedi dall’alto, Jamaa el Fna – l’ombelico del mondo del post precedente –, seduto sulla terrazza vista-umanità (previo acquisto obbligatorio di una gasatissima bibita nel self-service à la marocaine). E vedi i suoi incroci possibili (ci vuole un esorcista che mi liberi da Jovanotti…): quando butti l’occhio là sotto, che sembra di guardare un quadro di Bosch, una tela vuota fino alle cinque del pomeriggio pronta ad animarsi a poco a poco, fino a diventare di sera una festa collettiva quotidiana (presto arriverà su YouTube il video girato con Pippo); e anche sopra, sulla terrazza panoramica, dove si incontrano mille facce, storie, pezzi di vita.

Come quella di Ahmid, seduto ieri nel tavolino accanto al mio: ragazzo giovanissimo, originario di Fes, venuto in Marocco per trovare la sua altrettanto giovanissima moglie velata col viso da principessa berbera, a cui sta facendo vedere Marrakech per la prima volta; lui da otto anni sta in Italia, a Genova, fa l’elettricista, spesso passa a controllare gli impianti di un’azienda di Vimercate (it’s a small world) e mangia un boccone alle Torri Bianche. Non te lo dice, ma si capisce che in Italia è solo, vorrebbe portarci la sua sposa ma non vede futuro qui da noi, né per lui né per una eventuale famiglia. Abbiamo ascoltato tante storie così in questo viaggio (so che Roberto ne avrà un’altra, struggente e bellissima, da raccontare…), abbiamo capito che nel nostro Bel (?) Paese in questo momento non c’è niente che alla gente interessi meno che ascoltare queste storie.

Propongo l’obbligo di viaggio a Marrakech per ogni cittadino italiano, almeno una volta nella vita, come il pellegrinaggio alla Mecca. Un pomeriggio sulla terrazza di Jamaa el Fna per capire (solo un po’, che comunque è già tantissimo) che stiamo sbagliando tutto. Che siamo un Paese senza futuro. Il problema è che pure noi (inteso come democratici) stiamo rischiando di perdere il treno. Il Marrakech Express, ovvio.

Continua…

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