Archive for febbraio 2009

Perché l’Italia è l’Italia

17 febbraio 2009

Tra le disgrazie che mi sono capitate nella vita, c’è anche quella di avere tra i miei guilty pleasure il Festival di Sanremo. Che però, a pensarci bene, è davvero lo specchio del nostro Paese. Il Paese del solito conservatorismo (in gara Al Bano, Iva Zanicchi e Fausto Leali: la più trasgressiva è Patty Pravo, e ho detto tutto). Il Paese indietro anni luce in fatto di diritti (la chiacchieratissima canzone di Povia, dal testo tremendo). Il Paese dall’immaginario-reality (tra i “big” in gara c’è un ex vincitore di Amici della De Filippi). Il Paese che scopre tutto in ritardo (è il 2009 e gli alternativi sono gli Afterhours, sic). Il Paese della finta integrazione (Pupo in coppia con Youssou N’Dour: e non si capisce chi dei due sia quello da integrare). Il Paese dei tribuni del popolo (Bonolis) e delle ragazze scosciate (di cui ignoro il nome). Il Paese dei fiori. Quelli da portare sulla tomba, però.

PS: Ovviamente mi dispiacerebbe, e molto, se Veltroni si dimettesse. Per ora faccio come lui. Temporeggio.

Ce lo sogniamo, il change

17 febbraio 2009

La sconfitta, pesante, di Renato Soru dà il quadro del Paese in cui viviamo. Un Truman Show in cui siamo immersi da quindici anni, come dice il buon Veltroni. C’è già chi chiede la sua testa, dopo la brutta nottata di ieri, niente mirto per festeggiare, il porceddu Silvio che si prende l’isola. Non penso sia questione di fare lo scalpo a qualcuno, ma il pretesto per una definitiva assunzione di responsabilità. Da parte di un partito, il nostro, che non sa riconoscere e sostenere i suoi leader. Soru lo era (e, per quanto mi riguarda, dovrà tornare ad esserlo): un leader popolare, glocal come si dice oggi, capace di produrre sharing (e Tiscali non c’entra). Ma è stato lasciato da solo mesi fa, col risultato che oggi anche il Pd è stato trascinato nel crollo, pure nelle zone in cui raccoglieva ampi consensi. Dovrà sempre esistere una leadership, per condurre il cambiamento; e dovranno esistere i passaggi dove le leadership vengano messe in discussione. Non mi piacciono le auto-candidature premature (dico del buon Bersani); né le belle occasioni delle primarie scambiate per meri momenti di restyling anagrafico (dico del buon Renzi). Penso che l’incapacità del centrosinistra negli ultimi quindici anni sia stata in gran parte quella di riconoscere e sostenere i suoi leader, senza bruciarli prima del tempo. Mi dispiace che oggi ci abbia rimesso un personaggio come Soru, che non era giovanissimo e non era d’apparato. E poi ci sono “gli altri” – the others, detto con una punta di horror cinematografico – che il leader lo sostengono sempre. Senza accorgersi che li sta (ci sta) trascinando verso il baratro più cupo della Terza (Quarta?) Repubblica.

Curiosi casi

16 febbraio 2009

Forse quel che ci vuole insegnare Il curioso caso di Benjamin Button – film di gran lunga sopravvalutato – è che le possibilità di ogni singola vita umana sono infinite, e sempre un po’ misteriose. Chissà perché nasciamo, cresciamo, viviamo, invecchiamo, moriamo. Un film molto terreno, laico, forse materialista: non importa quel che lasceremo, ma quel che possiamo fare qui e ora. Quel che importa nella vita è la vita stessa, il suo trascorrere, il fare incontri, il mischiare le esperienze. Una vita «definita dalle possibilità, anche quelle che perdiamo». L’essere, e anche il non essere. Romano Prodi, da sempre un curioso caso, dichiara oggi che «per questa politica non voglio più esistere». Questa politica, tanto per fare un esempio, di decreti votati sull’onda dell’emozione viva, ieri Eluana, oggi l’emergenza (l’ennesima) degli stupri. O di bagni di personalismo scambiati per indicatori democratici (a proposito di quel che scrive anche Pippo). Si spera in un curioso caso di Renato Soru. Quello che, per dirla alla Benjamin Button, «dicevano che sarei dovuto morire molto presto, e invece forse non è così». Comunque vada.

PS: Sabato torinese, a (ri)scoprire per l’ennesima volta che cos’è una città viva. Tra caffè letterari, mostre, spettacoli per la strada e – in Piazza Carignano – la nuova panchina della cultura, luogo in stile Caos calmo dove si trovano tutte le informazioni delle associazioni culturali cittadine. Ieri sera, a Milano, era tutto chiuso. E quando arriva qualcosa di nuovo (e di culto, come questo posto), è subito fagocitato dalle leggi dell’happy hour. Che tristezza.

Io lo so che non sono Soru…

13 febbraio 2009

… anche quando sono Soru. Nella lettera inviata dal nostro agli elettori indecisi, c’è tutto. C’è la concretezza quotidiana delle buone amministrazioni: i fondi regionali, l’attenzione alle infrastrutture e ai trasporti, gli assegni di merito. C’è una simpatica “pubblicità comparativa” tra regioni: «Provate a chiedere agli abruzzesi se dopo le elezioni Berlusconi ha mantenuto le promesse!». C’è la terra: e rido, e piango, e mi fondo con il cielo e con il fango. Letteralmente: «Berlusconi sta rovesciando fango mediatico, ma quando il fango vero ha travolto Capoterra, non ci ha neanche inviato un messaggio di cordoglio». Ci sono le immagini di tutti i giorni, che mancano dai discorsi politici e che invece possono arrivare a tutti. E speriamo succeda nelle prossime ore. Forza Soru, che non sei solo.

Tutto cambia, tutto resta com’era

12 febbraio 2009

Brutti, bruttissimi segnali da Israele. L’elezione di Obama ha evidentemente destabilizzato il quadro: i moderati (di destra) crescono ma non si impongono; gli estremisti (di destra) non mollano del tutto. Chi torna dalla Palestina racconta di un paese sempre più rassegnato, molto diverso da quello che ho visto quattro anni fa. Anche allora era tempo di elezioni, ma americane: Bush vs. Kerry, e laggiù l’idea era che non sarebbe cambiato granché. Ora invece che molto promette di cambiare nel dialogo internazionale, le rotte non riescono a mutare. E i muri, intanto, continuano a crescere.

Un bel progetto

11 febbraio 2009

I comitati genitori di Vimercate hanno chiesto un incontro pubblico per parlare di riforma della scuola. C’è stato, ieri sera: una commissione consiliare aperta, dove genitori e docenti hanno sottoposto a consiglieri e giunta i loro dubbi sul fatto che l’ottimo sistema scolastico (pubblico) di cui godiamo nel nostro Comune possa essere snaturato. Sul fatto che salti il tempo pieno, che si perda la partecipazione del corpo docenti, che si azzoppi la didattica tornando indietro di trent’anni. Un piccolo esempio locale, per raccontare che si può ancora fare della buona politica: un confronto diretto tra cittadini e rappresentanti, molto trasversale e per niente ideologico, lontano dagli strilli della stampa, la prova che si può discutere anche di grandi questioni nazionali senza cedere al gossip. Per tutta risposta, la nostra sgangherata minoranza – a parole così attenta ai problemi delle famiglie, eh già – ha pensato bene di lasciare la sala, quando si è trattato di parlare direttamente col pubblico presente. Forse si aspettava una strumentalizzazione anti-Gelmini, che invece non c’è stata. Mitico, ad ogni modo, l’intervento di una consigliera di Forza Italia: «Sono stufa che passi tutto dalla politica – e lo dice, aggiungo io, una che fa il consigliere, sic – i genitori e gli insegnanti non si devono lamentare, ma proporci un bel progetto». Già, un bel progetto. Delle riforme e dei tagli ministeriali che penalizzano uno dei sistemi che funzionano meglio nel nostro Paese, chi se ne importa.

In silenzio, finalmente

10 febbraio 2009

È notte fonda, e tutto è in silenzio, finalmente. Solo qualche parola, tra le più normali e intelligenti sentite stasera: «Hanno dimenticato Eluana per diciassette anni, ora volevano fare una legge in tre giorni», lo dice un ascoltatore di Radio24, padre di un figlio malato, saggiamente non ci dice di cosa. È notte fonda, e sembra lunghissima. E viene da pensare a quanto sono stati lunghi questi diciassette anni. È notte fonda, e si vorrebbe chiedere scusa, tra sé e sé, adesso che nessuno può sentire. Perché ci si vergogna di un paese che cede sempre al teatrino della cattiva politica, che brandisce le parole come una spada (l’eutanasia, già, ed è come dire sedia elettrica), che non riesce ad affrontare con lucidità e senso civico e civile i temi che le vite delle persone (perché di questo si tratta, quando si parla di morte) pongono sul tavolo: era la volta del testamento biologico, ma bisogna arrivare a tanto per discuterne? È notte fonda, e si sente il peso delle scelte di un padre, quel senso dell’amore e della dignità che si impunta per non soccombere alle strumentalizzazioni delle telecamere. «Io non sono nata per unirmi a chi odia, ma a chi ama», diceva Antigone. È notte fonda, e spero che Eluana senta l’amore dei tanti che le sono stati vicini. Della sua famiglia e di suo padre. E che senta un po’ di pace. E il silenzio che ascolto io, finalmente. Anche se so che durerà poche ore.

La colpa e il silenzio

9 febbraio 2009

Ironia della sorte, è uscito proprio lo scorso weekend un film che ha molto a che fare col caso Englaro. Si chiama Ti amerò sempre, lo ha scritto e diretto il francese Philippe Claudel, un esordiente con la stoffa del grande autore, lo interpreta magistralmente la bella Kristin Scott Thomas. Tutto ruota attorno a una donna che esce dal carcere dopo quindici anni e tenta il reinserimento nella famiglia della sorella. Si scoprirà che la sua colpa è strettamente legata al suo senso della dignità della vita e della morte. E, mentre tutti gli altri la giudicano, lei sceglie il silenzio. Quello che noi non riusciamo più a praticare.

PS: O forse sì. Domani alle 18.30 in piazza Fontana a Milano, un altro presidio per Eluana e per la Costituzione. Senza parole.

Anima e corpo

8 febbraio 2009

Mi chiedo perché la nostra Chiesa sia così legata al corpo. Non credo all’anima, ma sarei disposto a discuterne con chi di dovere. E invece sono tutti impegnati a parlare di sondini, pelle, ulcere, finanche di ciclo mestruale. E mi chiedo perché anche la nostra politica sia così interessata al corpo. Che poi è sempre un interesse strumentale, è il corpo del reato (in senso lato) che sta a cuore. Un corpo che deve vivere a tutti i costi, se poi tanti altri (leggi: quelli degli immigrati clandestini) rischiano la vita per norma di legge (senza voler troppo esagerare), quella è un’altra storia. Il corpo e la legge. E Dario Fo pro e Iannacci contro (ma ci interessa?), e la perfetta spaccatura politica, anche stavolta. Un grande talk, e alla fine sono solo parole, smercio di (finte) ideologie, strumentalizzazione astratta. Alla faccia del corpo. Ah, una domanda: qualcuno sa che fine ha fatto (il corpo di) Giuliano Ferrara?

Siamo noi i bersagli

8 febbraio 2009

Copio-e-incollo da Pippo e Ivan (ft. i soliti Ministri, che ispirano il titolo) l’appello che sta facendo il giro di molti blog:

Dalla fine della seconda guerra mondiale c’è una linea chiarissima e invalicabile che le grandi democrazie occidentali hanno tracciato tra sé e la barbarie dato dal ripudio fermo e inequivoco del fascismo, della xenofobia, del razzismo e delle forze politiche che li rappresentano. Razzismo e xenofobia sono scoraggiate con un continuo ed univoco lavoro di educazione e di prevenzione, le forze politiche che ne fanno una bandiera sono escluse dal governo perché nessuno – a destra come a sinistra – stringerebbe mai accordi con esse, anche a costo di perdere le elezioni. Perché un’elezione si può ben perdere, ma lo spirito democratico, perdere quello non si può. Con l’approvazione del pacchetto sicurezza l’Italia ha tristemente varcato quella linea; con l’infamia di norme che legittimano sinistre ronde di cittadini e consentono la delazione del malato al personale sanitario si è rotto definitivamente un tabù. Abbiamo chiesto al nostro partito di chiamare tutto il Paese alla mobilitazione, per una grande manifestazione di italiani e stranieri insieme, aperta alle forze sociali, alle realtà associative e alle coscienze democratiche di tutta Italia. Abbiamo chiesto ai circoli di mobilitarsi, informare, denunciare e “segnalare” non gli stranieri ma quel legislatore che ha approvato una legge così radicalmente inaccettabile per un paese civile. Bisogna dire di no, con forza, manifestando tutti insieme. Perché quando c’è un colpo ai diritti umani, i bersagli non sono solo i più deboli, siamo tutti noi.